50° Congresso Nazionale del Notariato: intervento del Presidente della Cassa Nazionale del Notariato

“Il tempo … Spesso ci sorprende proponendoci, in modo inaspettato, il verificarsi di trasformazioni sociali, la cui genesi è spesse volte distante. … La (nostra [n.d.r.]) crisi di legittimazione ha radici più lontane, rispetto alla crisi epocale dal 2008 ad oggi. I risalenti vantaggi economici della nostra professione ci hanno impedito di intervenire, con la dovuta efficacia, sulle degenerazioni di quei vantaggi e, quindi, sulla loro corresponsabilità per le difficoltà attuali della nostra professione. Questa afasia riformatrice non è peculiare del Notariato. … Non siamo stati attenti a cogliere quei segnali che nel tempo si presentavano, pensando ad una sorta di immortale sicurezza del ruolo sociale del Notariato. Siamo caduti in una sorta di distrazione collettiva.”

Nell’articolo la trascrizione integrale dell’intervento del notaio Mario Mistretta.

[Per gentile concessione della redazione RUN – Rete Unitaria del Notariato]

 

Care Colleghe e cari Colleghi,

I dati che ho proposto alla vostra attenzione fotografano gli esiti di una crisi economica epocale, che ha profondamente modificato le condizioni di una categoria professionale d’élite come il Notariato.

La crisi economica è stata così profonda da trasformarsi in una crisi di legittimazione delle istituzioni, anche di tipo economico-giuridico alle quali appartiene il Notariato. Una crisi di legittimazione che ha colpito, in modo particolare, le relazioni tra sapere professionale e società.

Tutto ciò è registrato dalla difficoltà di riconoscimento di valore alle prestazioni professionali, come strumenti di protezione e di crescita della ricchezza del Paese. Questo quadro impone un di più di analisi e un di più di scelte. L’erosione continua di risultati economici positivi del Notariato si presenta come ulteriore elemento di accelerazione di quella crisi di legittimazione, a cui dobbiamo porre rimedio.

Quello che si è svolto e si svolge davanti a noi e per noi non è rappresentato da eventi critici isolati, da congiunture economiche isolate, ma da un processo che si svolge, si sviluppa e si protrae nel tempo.

Si è portati, di fronte a questi fenomeni, a sottovalutare il tempo necessario alle dinamiche sociali per dispiegare i loro effetti.

Il tempo non è sempre rispettoso dei nostri desideri. Spesso ci sorprende proponendoci, in modo inaspettato, il verificarsi di trasformazioni sociali, la cui genesi è spesse volte distante. È quello che sta capitando a noi. La crisi di legittimazione ha radici più lontane, rispetto alla crisi epocale dal 2008 ad oggi. I risalenti vantaggi economici della nostra professione ci hanno impedito di intervenire, con la dovuta efficacia, sulle degenerazioni di quei vantaggi e, quindi, sulla loro corresponsabilità per le difficoltà attuali della nostra professione. Questa afasia riformatrice non è peculiare del Notariato. È in sintonia con l’incapacità del nostro Paese, negli ultimi 25 anni, a ritrovare vie nuove di crescita riformatrice sia sul versante istituzionale che sul versante economico. Non siamo stati attenti a cogliere quei segnali che nel tempo si presentavano, pensando ad una sorta di immortale sicurezza del ruolo sociale del Notariato. Siamo caduti in una sorta di distrazione collettiva. Ma tutto ciò non è accaduto solo a noi.

Un esempio di una svalutazione della correlazione del fattore tempo con le dinamiche sociali è dato dalla letteratura sulla globalizzazione prodotta dagli studi economici degli anni ‘80 e ‘90, che basandosi su alcune parziali evidenze empiriche, sostenevano che dalle liberalizzazioni dei vincoli delle economie non ci si dovessero avere ripercussioni negative sugli stati sociali.

Oggi si sa che è invece solo una questione di tempo. Una costruzione apparentemente solida e radicata come lo stato sociale europeo, si è trovata di fronte un bivio: sparire dopo pochi anni di globalizzazione economica, oppure trasformarsi in pochi anni in qualcosa di totalmente diverso.

Tutto ciò può accadere anche al Notariato. I dati economici che vi ho fornito, sulla situazione economica dei notai, suggeriscono un’ulteriore prospettiva di lettura. In particolare la minore riduzione dei costi dell’organizzazione notarile rispetto alla contrazione del reddito lordo e del reddito netto induce ad utilizzare questa espressione descrittiva: abbiamo preso tempo, comprandolo, attraverso una riduzione più che proporzionale delle nostre entrate nette rispetto ai costi. Anche nel campo della previdenza abbiamo comprato tempo sia con il trasferimento di parte del potenziale risparmio personale in risparmio previdenziale, sia con il mantenimento di un sistema di contribuzione anelastico rispetto alla curva dei nostri fatturati.

Abbiamo fatto buying time, rinviando eventi sgradevoli nel tentativo di evitarli. Il nostro comprare tempo è stato totalmente in sintonia con quello che si è fatto nelle società del capitalismo avanzato, dove ricchezza apparente è stata utilizzata in grande quantità per disinnescare conflitti sociali potenzialmente destabilizzanti, da prima grazie all’inflazione, poi tramite l’indebitamento pubblico e l’espansione dei mercati creditizi privati, ed infine, mediante l’acquisto dei debiti degli Stati e delle Banche da parte delle Banche Centrali, all’interno di un più complesso fenomeno rappresentato dall’era della finanziarizzazione.

La possibilità di comprare tempo per il Notariato è, a mio avviso, alla fine.

I dati economici del 2014 descrivono un’ulteriore decrescita dei risultati economici della nostra categoria. Il 50% dei notai ricava un reddito mensile netto che non supera 4.500 euro per 12 mensilità. In campo previdenziale è ineludibile una realistica riformulazione del patto generazionale, individuando un equo punto di equilibrio tra interessi divergenti.

Questi dati impongono ulteriori riflessioni. Descrivono un quadro nel quale la sostenibilità dell’esercizio della nostra funzione, secondo canoni di correttezza, di sicurezza e di efficacia, inizia ad essere messa in difficoltà.

Il potenziale aumento del numero dei notai a circa 12.000 unità, contenuto del DDL Concorrenza, non è attualmente compatibile con lo scenario economico che è di fronte a noi. Di questo dobbiamo dare conto ai decisori politici, i quali necessariamente devono collegare la quantità dei notai utile al Paese, non solo a criteri puramente demografici, ma anche a criteri che tengano conto dell’evoluzione economica del Paese e delle sue articolazioni territoriali. Se così non fosse saremmo di fronte a un sostanziale smantellamento dell’istituzione Notariato., che non avrebbe adeguate risorse per mantenere una efficacie organizzazione. Rappresenteremo al parlamento le buone ragioni che rendono sul punto un necessario ripensamento del legislatore. Ma tutto questo non è sufficiente per superare i profili critici del nostro presente.

Questi dati dicono qualcosa di più. Registrano una trasformazione già in essere della nostra professione con approdi e modalità non privi di pericoli. Non vi è alcun disegno collettivo, non vi è una strategia condivisa. Vi è unicamente il perseguimento di apparenti interessi individuali, che sommati non descrivono alcuna figura razionale, se non un’involontaria vocazione ad un cupio dissolvendi. Vi è il tentativo di trovare soluzioni di mera sopravvivenza. Una lettura complessiva dei nostri comportamenti economici dà, infatti, contemporaneamente conto di una significativa riduzione oggettiva e soggettiva del valore economico delle nostre singole prestazioni professionali. Da una parte i nostri utenti fanno fatica ad attribuire un di più di compenso alla nostra preparazione professionale ed all’efficienza delle nostre organizzazioni di studio; dall’altra parte noi stessi favoriamo questa tendenza, offrendo prestazioni professionali a compensi sempre più ridotti. Vi è quasi un horror vacui, la paura del vuoto nelle nostre agende, cartacee o digitali che siano.

Che cosa fare con questo quadro che presenta molte ombre? Come trovare spiragli di luce? Occorre innanzitutto prendere coscienza del nostro stato (sia quello di categoria, sia quello individuale). Conoscere la nostra situazione è condizione necessaria per costruire un percorso euristico che consenta di preservare l’esercizio della nostra funzione, con elevati standard di correttezza ed efficienza. Allora occorre prendere atto della nostra situazione. Facciamo nostra l’affermazione del Vangelo di Giovanni: “Voi conoscerete la verità e la verità vi renderà liberi”. Dobbiamo avere il coraggio di conoscere perché così potremo guadagnare la libertà di avere futuro.

Mai come oggi, la libertà di essere notai consapevoli e responsabili è legata alla conoscenza. Mai come oggi, è necessario al Paese l’accumulo di esperienze qualificate che diventino conoscenza, la crescita ordinata nel tempo di conoscenze, che diventino professionalità alta. Una professionalità che non riproduca meccanicamente fatti, ma li ricrei, elaborandoli in un contesto più ampio, li inquadri, li riordini e contribuisca a spiegarli.

Il Notariato, che è stato questo per il passato ed è per il presente, deve avere la capacità di esserlo per il futuro. Deve essere sempre una istituzione idonea a dare ordine coerente ed intelligente alla frammentazione delle vicende economiche, ad un prima ed un dopo, ad una gerarchizzazione dei valori giuridici. Conoscere vuole dire comprendere il contesto sociale di oggi, capire come la società di oggi valuta la nostra funzione. I risultati positivi del sondaggio Swg danno conto di un ruolo, tuttora riconosciuto, di presidio della ricchezza immobiliare e del controllo di legalità nelle strutture collettive di impresa. È il frutto della fiducia guadagnata e mantenuta sul campo da generazioni di notai. È un patrimonio di credibilità che è stato affidato a noi, ma che facilmente si può perdere se non si leggono i segni dei tempi. Rimanere immobili, non trovare aspetti organizzativi più avanzati, pur nell’assoluto rispetto delle qualità essenziali della nostra funzione, costituiscono la strada più facile per perdere quel patrimonio di credibilità.

Tutto questo è una sfida non semplice. Nella società digitale dove il tempo della rete non è più quello sociale, ma è il tempo del “qui ed ora”, privo di sequenze e di cicli. Un Web-tempo, che non ha passato né futuro, che mescola passato, presente e futuro, in un ordine casuale. Questo tempo acronico tende a far perdere valore a ciò che nel tempo si è costruito e che al tempo è debitore; come la competenza, la conoscenza e la professionalità. La sfida è quindi fra il tempo acronico dell’era digitale ed il nostro tempo fatto di studio approfondito, di atti professionali meditati, di un rapporto virtuoso tra sapere e vita.

È una sfida alta ed è ineludibile quella di costruire un rapporto virtuoso tra l’istituzione Notariato e la società digitale. Non dobbiamo avere paura di intraprendere strade innovative che il mondo digitale offre. Esercitiamo le nostre funzioni in modo più efficiente e più rispondente alle necessità di una più sicura e rapida circolazione di diritti, così da mantenere o rafforzare il valore proprio di quelle situazioni giuridiche.

Tutto ciò non basta. Occorre fare di più: iniziare a camminare. Ma verso dove? La decisione dell’itinerario è quella più difficile. La consapevolezza (la verità) della realtà attuale ci è di aiuto. In questa prospettiva non mi pare inutile confrontarci per delineare un’idea di Notariato 3.0. Iniziamo ad avere fra di noi quantomeno una prospettiva condivisa di un cammino, di una tendenza. È il compito di questo nostro essere qui insieme oggi.

Mi aspetto dal nostro dibattito, dalla discussione degli ordini del giorno una risposta alla necessità di un cammino la cui direzione, la cui velocità è tutta nei nostri cuori e nelle nostre menti. È proprio la nostra inquietudine di futuro, il nostro essere in nessun luogo definito, la nostra tensione a un dover essere sempre rinnovato, sempre ridetto, che mi induce all’ottimismo del sentimento ed all’ottimismo della ragione. Sento qui tra di noi l’emozione di costruire insieme le ragioni del nostro futuro. Sentimenti e razionalità stanno bene insieme per una funzione come la nostra, che non è solo numeri e interessi, ma che ha a che fare con la vita e sentimenti delle persone che si affidano alla nostra professionalità. Sono certo della nostra vocazione al futuro, dell’essere capaci a rispondere con fantasia ed intelligenza alle difficoltà che abbiamo di fronte.

Il tempo che ci è dato da vivere è quello di un ”interregno tra il non più ed il non ancora”, tra linguaggi che nascondono i veri significati delle parole e che le spingono, in una fitta rete di pregiudizi e stereotipi, lontano dal senso di fatti ed esperienze . Ma non dobbiamo avere paura. Abbiamo dalla nostra una storia significativa che è sempre stata capace di collegare parole e significati in un terreno di certezze.

Dobbiamo essere orgogliosi della funzione che esercitiamo e di come la decliniamo tutti i giorni, in tutto il Paese. Proprio quest’orgoglio deve darci la forza di intraprendere quel cammino e la certezza nella nostra capacità di discernere in ogni ipotesi innovativa quello che è autenticamente coerente con l’essere notai. La dignità delle donne e degli uomini del Notariato italiano mi rassicura e ci rassicura. L’intelligenza vivace delle giovani e dei giovani notai mi rassicura e ci rassicura. Le nostre passioni e le nostre idee sono in grado di costruire il futuro di un Notariato degli italiani e per gli italiani.

In questa sfida si gioca la possibilità di declinare al futuro le nostre parole.

Viva il Notariato.

Viva l’Italia.

Mario Mistretta