Antitrust esclusa dal disciplinare notai

Tra le disposizioni per migliorare la gestione degli Archivi notarili e della Cassa del notariato, la legge di Bilancio ne ha inclusa una, in realtà un po’ eccentrica, sui procedimenti disciplinari a carico dei notai. La norma integra la legge notarile del 1913, disponendo che agli atti funzionali a promuovere l’azione disciplinare si applica l’articolo 8, comma 2, della legge antitrust (legge 287/1990). Quest’ultima disposizione prevede che le norme nazionali antitrust non si applicano alle imprese che gestiscono servizi di interesse economico generale, per tutto quanto «strettamente connesso» all’adempimento dei compiti loro affidati.

Il rinvio è un po’ zoppicante, perché le funzioni disciplinari non sono «servizi economici», ma per l’appunto funzioni pubbliche. Ad ogni modo, la volontà del legislatore sembrerebbe quella di schermare le azioni disciplinari dei consigli notarili dagli interventi dell’Antitrust. In effetti, il tema dei poteri disciplinari vede da tempo un clima molto teso tra gli ordini professionali e l’Autorità. In vari procedimenti l’Autorità ha contestato a singoli ordini di usare questi poteri per finalità anticoncorrenziali, per conservare in concreto divieti – come quelli di pubblicità o di sforare le tariffe minime – che ormai le norme di liberalizzazione hanno rimosso. Il contrasto sorge perché gli ordini sostengono di muoversi nei limiti delle loro funzioni, mentre l’Autorità ritiene che essi le eccedano e che possano dunque essere sanzionati come una qualsiasi associazione tra imprese.

A fare le spese di questo orientamento è stato persino il Consiglio nazionale forense. La vicenda si è conclusa con una sentenza del Consiglio di Stato (n. 1164/2016) che ha dato ragione piena all’Autorità. Anche i notai sono finiti sotto la lente dell’Autorità. Per citare gli ultimi casi, pochi mesi fa l’Autorità ha sanzionato il Consiglio notarile di Roma per un’intesa legata alle dismissioni immobiliari degli enti pubblici e previdenziali. Un’altra istruttoria, ancora in corso, sta coinvolgendo il Consiglio notarile di Milano. La contestazione è caduta su una serie di richieste di informazioni e azioni disciplinari rivolte a singoli notai. L’ipotesi accusatoria è che il Consiglio volesse indurre una ripartizione del mercato e ridurre la concorrenza sui prezzi.

L’intervento del legislatore vale dunque anzitutto come segnale di attenzione. Non è però facile valutarne gli effetti pratici. L’Autorità può condurre le istruttorie direttamente in base agli articoli 101 e 102 del Tfue, rispetto ai quali il diritto nazionale non garantisce un riparo. L’Autorità, in tutti i casi, valuta sempre se l’azione dell’ordine sia o meno «strettamente connessa» alle funzioni pubbliche di competenza e può intervenire solo se l’ordine sia andato al di là del necessario. Il rinvio all’articolo 8, comma 2, della legge 287/1990 inserito dalla legge di Bilancio non aggiunge molto, il problema resta quello di stabilire in concreto se la connessione con le funzioni pubbliche ci sia e in che misura. Su questo aspetto, i giudici Ue e nazionali hanno affermato da tempo che la deroga alle norme di concorrenza va letta in modo restrittivo. Sarà difficile che la nuova norma possa fargli cambiare idea.

di Giuliano Fonderico

Copyright Il Sole 24 Ore – 17/01/2018