La nostra storia
Il primo quarantennio (*)
L’Associazione Sindacale.Nazionale Notai in Pensione (A.S.N.N.I.P.) nacque per la preveggenza del notaio Antonino Guidotti (a quel tempo ancora in esercizio e presidente del Collegio Notarile di Piacenza), il quale da anni si occupava dei problemi della categoria, con scritti sui periodici di classe (soprattutto per impedire la concentrazione del lavoro in pochi grandi studi(1) e per riformare il sistema previdenziale attraverso un diverso modo di gestire la Cassa del Notariato e di erogarne le provvidenze) ‘e con una attiva presenza ai vari congressi.
All’epoca le pensioni, sia la diretta, sia soprattutto la indiretta, erano assolutamente insufficienti ai bisogni di vita,cosicché il pensionato che non avesse accumulato un patrimonio proprio o la vedova di un notaio, che fosse morto dopo pochi anni di esercizio, avevano seri problemi per far quadrare il bilancio famigliare.
La pensione dopo quaranta anni di esercizio professionale nel 1954 era di Lire 56.000 mensili per i notai e di Lire 42.650 per le vedove.(2)
L’idea fu suggerita al fondatore dalla improvvisa morte di un giovane collega con pochi anni di esercizio professionale, che aveva lasciato moglie e figlio senza alcun bene all’infuori della modestissima pensione indiretta; egli ritenne che una associazione a livello nazionale che avesse raccolto un rilevante numero di pensionati della Cassa in tutto il Paese, avrebbe potuto rappresentare, coordinare e difendere gli interessi dei notai pensionati e delle loro famiglie, facendo decisamente migliorare il trattamento di quiescenza sino a portarlo a livelli accettabili;
convinse un piccolo gruppo di amici, notai già in pensione, a riunirsi in associazione e, nel suo studio 118 maggio 1954 redasse l’atto pubblico di costituzione della Associazione Nazionale Notai in Pensione, con sigla ANNIP.
Il primo presidente fu il Dott. Paolo Giacoboni di Castelsangiovanni, che rimase in carica un anno. Gli successe quindi, per l’anno successivo il Dott. Silvio Riva di Fornovo Taro.
L’Associazione venne peraltro in realtà guidata sin dall’inizio dal Dottor Guidotti (che fu anche il primo notaio in esercizio ad iscriversi ad essa), che era stato nominato dal Consiglio Direttivo – in conformità di idonea norma dell’atto costitutivo – Direttore con delega alle funzioni amministrative, non potendo, finché rimaneva in esercizio, ricoprire la carica di Presidente.
I primi risultati si ebbero nello stesso dicembre del 1954 con un aumento del 50% del trattamento di quiescenza, che passò, per i notai che avevano raggiunto il quarantesimo anno di esercizio, a Lire 84.000 mensili e, per le vedove, a Lire 64.000(3).
Nella prima assemblea degli associati, tenuta a Piacenza il 18 aprile 1955 si evidenziò che gli iscritti erano più di duecento e gli intervenuti chiesero un ulteriore adeguamento delle pensioni sino ad equipararle a quelle dei magistrati di Cassazione (che all’epoca percepivano Lire 141.845 mensili) e chiesero la corresponsione di una tredicesima mensilità.
Si pose anche, in quella occasione, il tema della presenza, nella Commissione amministratrice della Cassa, di una rappresentanza dei pensionati in numero pari a quella dei notai in esercizio, subito dichiarato improponibile sia dalla Commissione amministratrice dell’Istituto di previdenza, sia da noti ed autorevoli esponenti del notariato attivo.(4)
Nell’assemblea del 24 aprile 1956 venne eletto presidente il dott. Antonino Guidotti, che aveva frattanto chiesto di essere collocato a riposo per potersi dedicare con più tempo e forza allo sviluppo della Associazione ed al raggiungimento degli scopi dello Statuto.
La costituzione dell’associazione non fu accolta di buon grado dagli organi d’istituto; i motivi di contrasto erano forniti sia dalla diversa opinione circa la composizione della Commissione Amministratrice, sia dalla diversità di vedute in merito all’utilizzo degli introiti della Cassa che gli amministratori avrebbero voluto capitalizzare per la maggior parte nella prospettiva di ottenere, da un immenso capitale, gli interessi per pagare le pensioni, mentre l’Associazione chiedeva una più larga distribuzione dei proventi annui, con invio alla riserva del solo 20%.
In questo clima di contrasto vennero negati da parte della Cassa(5) gli elenchi e gli indirizzi dei pensionati, necessari per ottenere nuove adesioni motivandolo con ragioni di riservatezza che avrebbero impedito la diffusioni dei nomi dei familiari beneficiari di assegni assistenziali mensili.
Il Consiglio Nazionale del Notariato, dal canto suo, diede parere negativo sia alla richiesta di modifica della Legge 3. 8. 1949 n. 577 per introdurre i pensionati nella Commissione della Cassa, sia alla istanza di riconoscimento della personalità giuridica della Associazione.
Nel 1958 vide la luce il periodico “Notiziario per gli iscritti alla associazione nazionale notai in pensione” debitamente registrato presso il Tribunale di Piacenza e pubblicato ogni tre mesi.
Nel 1959 l’assemblea degli associati approvò la modifica della denominazione dell’associazione, con l’aggiunta della qualifica sindacale, onde meglio precisarne la natura e gli scopi.
Gli associati giungevano soprattutto dalle città vicine a Piacenza, ma affrontavano anche lunghi viaggi, provenendo alcuni dalla Sicilia e altri dalla Calabria.
Trattandosi di persone anziane, con gli acciacchi propri dell’età, la maggior parte inviava una delega, ma alle riunioni partecipavano sempre almeno 25 o 30 persone, che volevano far sentire direttamente la loro voce e far partecipi gli altri delle proprie esperienze.
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I contrasti con i colleghi in esercizio furono frequenti ed aspri. Sulla stampa di categoria comparivano spesso articoli di forte e ferma opposizione alle richieste dell’Associazione, specie a quella di far entrare i pensionati nella Commissione Amministratrice della Cassa. Ne riportiamo alcuni brani per far meglio comprendere il clima in cui dovette operare il fondatore.
«Fin quando sono i notai in esercizio che rispondono agli ex colleghi, il diritto e il dovere dell’Amministrazione devono incombere ai responsabili».
«I notai in pensione non essendo più in funzione non possono più far parte dell’ordine, conseguentemente non possono avere diritto di amministrazione della Cassa, diritto che solo all’ordine compete».
«Occorre evitare che, una volta o l’altra i pensionati entrino nell’amministrazione della Cassa, non soltanto per le validissime ragioni già esposte da A. Giuliani e da A. Guasti, ma anche perché è intuitivo che, ove, occorresse tal evenienza, le pensioni aumenterebbero ulteriormente e la sete di denaro della Cassa diventerebbe veramente inestinguibile».
Questa idea che i pensionati fossero degli egoisti intenti unicamente a far lievitare le loro pensioni a scapito di una sana amministrazione della Cassa era abbastanza diffusa.
Altrettanto diffusa era l’opinione che le pensioni notarili allora corrisposte fossero più che sufficienti al fabbisogno e non si dovesse ulteriormente aumentarle.
Si sosteneva che il trattamento di quiescenza non dovesse superare «quello che può considerarsi la media capacità contributiva del notaio esercente» e che le pensioni delle vedove andassero ridimensionate al 50% della pensione che sarebbe spettata al notaio defunto, avendo «raggiunto in concreto un’entità eccessiva e nella generalità dei casi sproporzionata agli effettivi bisogni dei beneficiari». «Si aggiunga che il notaio pensionato, se ha esercitato per lunghi anni, se è stato laborioso e anche un pochino previdente negli anni migliori, ha certamente realizzato dei risparmi per la vecchiaia. E se oltre ad essere stato moderatamente previdente, è stato anche abbastanza intelligente, è molto probabile che egli abbia a suo tempo investito i suoi risparmi in beni reali, sottraendoli così alla svalutazione; per modo che il vecchio notaio pensionato aggiunge di solito alla non trascurabile pensione anche i redditi di altra natura, non meno consistenti. Il tutto con l’immancabile risultato di accumulare pensioni e rendite, capitalizzandole ulteriormente a beneficio dei figli, nipoti e pronipoti più o meno lontani, che gli sopravvivranno».
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Nonostante gli atteggiamenti ostruzionistici degli organi del notariato e le opposizioni di eminenti notai che avversarono sulla stampa di categoria e nei congressi le tesi e le iniziative dell’Associazione, questa ebbe modo attraverso gli anni di superare le ostilità, in gran parte preconcette, e le diffidenze sulla sua reale funzione, che non era soltanto quella di dare l’assalto alle casse del proprio Ente previdenziale, ma di portare un reale contributo alla soluzione dei problemi dei notai sia in pensione che in esercizio.
I notai pensionati diedero, infatti, attraverso gli anni, un deciso contributo dottrinario all’intera classe notarile, che si estrinsecò in numerosi articoli apparsi sul ‘Notiziario’, contenenti proposte di modifiche anche profonde e radicali della legge notarile, per un costante miglioramento della professione.
L’interesse che animava (ed anima tuttora gli associati) non era (e non è) finalizzato all’immediato soddisfacimento dei bisogni correnti, ma fu sempre rivolto alla professione un tempo esercitata.
Gli argomenti dibattuti toccarono i più svariati temi, dal funzionamento e composizione degli organi del Notariato; alla tariffa; dalle leggi di riforma Consiglio – Cassa; all’approvazione ministeriale delle delibere della Cassa; ai controlli pubblici sulla Cassa; all’assistenza sanitaria (fin quando fu possibile concederla e fu erogata).
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Con il passare degli anni si determinò un cambiamento di atteggiamento dei notai in esercizio (alcuni dei quali incominciarono ad iscriversi alla Associazione) e negli organi del Notariato, nei confronti dei colleghi pensionati.
L’Associazione, frattanto era cresciuta e si era affermata sino a ricomprendere oltre il 50% degli aventi diritto a pensione, i quali si erano persuasi che una azione unitaria era indispensabile per vedere affermati i propri sacrosanti diritti.
La Cassa iniziò ad accogliere alcune delle proposte avanzate dall’Associazione.
Il limite massimo di pensione, che era fissato ai 52 anni di esercizio professionale (con squilibrio a danno della maggior parte dei pensionati, per il sistema di calcolo allora vigente) fu ridotto nel 1969 a 45 anni.
L’assistenza sanitaria, che veniva inizialmente concessa in base a criteri discrezionali, nel 1960 fu regolamentata e poi nel 1965 migliorata con criteri e parametri che limitavano la discrezionalità nella concessione, attuando un sistema, non certo perfetto, ma che viene oggi ampiamente rimpianto da tutti.
Il diritto alla pensione a favore dei familiari bisognosi di notaio (che percepivano un assegno mensile a tempo indeterminato, ma passibile di revoca) venne finalmente affermato nel 1978, con un aggancio alla pensione del dante causa in una percentuale del 20%, poi elevata nel 1983 sino ai 30%.
Per lunghi anni, e sino ad epoca recente, fu invece avversata la richiesta dei pensionati di entrare nell’amministrazione della Cassa, richiesta sostenuta da un referendum effettuato fra tutti i pensionati anche non iscritti alla Associazione; i quali si espressero nel 1963 anche per un netta separazione Cassa – Consiglio.
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Nel dicembre 1975, dopo 20 anni di ininterrotta presidenza, il notaio Guidotti, ormai novantenne, presentò le dimissioni e l’assemblea lo acclamò Presidente onorario, nominando a succedergli il notaio Biagio Bellasai, da poco collocato in quiescenza e che era stato negli ultimi dieci anni, Consigliere Nazionale del Notariato.
La sede dell’Associazione era stata frattanto trasferita a Roma, in locali concessi in comodato dalla Cassa del Notariato, posti nel seminterrato del palazzo sede della stessa Cassa e del Consiglio Nazionale.
Il trasferimento era stato previsto ed attuato, allo scopo di migliorare i servizi resi agli associati, per rendere più celeri ed operanti i rapporti con gli uffici e con gli amministratori della Cassa, e più fattivi e concreti gli interventi a favore dei pensionati presso gli organi del Notariato.
La redazione del ‘Notiziario”, che, a far tempo dal 1979, venne pubblicato con periodicità bimestrale, rimase invece a Piacenza.
Il Dott. Bellasai morì improvvisamente, colpito da infarto, dopo pochi mesi di presidenza, mentre stava organizzando il lavoro per la nuova sede.
Fu chiamato a succedergli il vicepresidente Dott. Aurelio Cinque, che si distinse durante la sua presidenza per la premura nel seguire personalmente le pratiche degli associati, in particolare delle vedove e dei familiari. Tenace assertore della parità fra pensionati e notai in esercizio in seno alla Commissione amministratrice della Cassa, scomparve nell’ottobre 1977, lasciando in legato all’Associazione una serie di dipinti ad olio di vari autori, che ornano tuttora le pareti della sede della Associazione.
Nel febbraio 1978 fu eletta alla presidenza la Dott.ssa Teresina Iacone in Benvenuto, che aveva aderito alla Associazione con vivo entusiasmo, dedicandovi tante energie e portandovi un tocco di gentilezza femminile.
Sotto la sua presidenza e per la sua tenace azione la Commissione Amministratrice della Cassa, accogliendo finalmente le reiterate istanze della Associazione, riconobbe ai familiari di notaio la pensione di reversibilità.
Nel maggio 1982 la Dott.ssa Iacone lasciò la presidenza per ragioni di salute (morì nell’estate 1989).
Fu quindi eletto a succederle, alla guida dell’A. S. N. N. I. P., il Dott. Roberto Galanti.
Il 17 maggio 1984 – lo stesso giorno in cui si era tenuta in Roma l’annuale assemblea degli associati, che aveva celebrato il trentesimo anniversario dell’Associazione – scomparve, quasi all’età di 99 anni, il fondatore dott. Antonino Guidotti, che aveva continuato ad interessarsi con tenace volontà sino a pochi mesi prima, quale Presidente onorario, delle sorti della Associazione e dei pensionati, soprattutto dei più bisognosi, sospinto da un animo sensibile, (ma coperto da un carattere non facile) e da uno spirito combattivo che lo animò sino all’Ultimo.
Con la sua scomparsa e I’avvenuto trasferimento della sede a Roma, ebbe termine il lungo periodo pionieristico dell’Associazione; quello delle forti lotte sindacali e dei duri contrasti con gli organi del notariato, e si aprì una seconda fase di attività più articolata, ma non meno incisiva.
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La continua azione svolta dal Presidente Galanti con abile diplomazia, sviluppata in frequenti contatti personali con gli amministratori della Cassa ed i consiglieri nazionali, portò ad ulteriori conquiste a favore degli associati.
La Cassa elevò la soglia del disagio economico da 960.000 a 4.800.000 e la portò in pochi anni, nel 1987, a circa dodici milioni.
Venne approvata ed attuata dal 1985 una assistenza paramedica di tipo infermieristico per tutti gli iscritti alla Cassa.
La pensione speciale per inabili di guerra fu estesa alle infermità o lesioni conseguenti all’esercizio professionale, con possibilità per le vedove e i figli di notaio di fruirne i relativi benefici.
Nel 1988 venne approvata una regolamentazione degli assegni assistenziali anche a favore dei notai in pensione e loro familiari, previo accertamento dello stato di bisogno o di grave disagio economico meritevole di intervento.
I rapporti con gli organi del Notariato migliorarono: i pensionati furono accolti con maggior considerazione e rispetto nei convegni e congressi e addirittura inseriti, come componenti effettivi, nelle Commissioni; nel 1985 per la prima volta fu esteso ai pensionati un questionario sulla Cassa che aveva come principali destinatari i notai in esercizio; I’ annuario notarile venne inviato, a richiesta, anche ai notai pensionati; a tutti gli iscritti alla Associazione fu consentito di effettuare il pagamento della quota associativa mediante ritenuta sulla 13° mensilità di pensione. Non mancarono tuttavia le divergenze, a cominciare dal diverso criterio con il quale determinare l’ammontare della pensione e quello dell’indennità di cessazione, poiché molti notai in esercizio, specie quelli con più elevato repertorio, sostenevano il criterio della mutualità mista (quota base uguale per tutti, più quota variabile rapportata ai contributi versati alla Cassa durante tutto l’esercizio professionale); mentre l’Associazione continuava a sostenere il criterio della mutualità pura (prestazioni pensionistiche uguali per uguale anzianità, indipendentemente dai versamenti) anche per non tradire il principio in base al quale fu fondata la Cassa e attuare una più ampia solidarietà che tenesse conto della sorte dei notai destinati ad esercitare la professione in zone meno ricche.
Continuamente sollecitata dall’ASNNIP, la Cassa incominciò a rendersi conto che i controlli ministeriali sulle proprie delibere erano divenuti eccessivi, travalicando a volte i limiti di legge, tanto che, nel 1984, impugnò avanti il TAR il provvedimento con cui il Ministro aveva respinto un legittimo, motivato e giusto aumento delle pensioni, concesso a seguito di specifica richiesta della Associazione.
L’Associazione intervenne con un proprio ricorso ad adiuvandum; e, prima il TAR del Lazio e poi il Consiglio di Stato annullarono il decreto ministeriale, riconoscendo che i contributi versati dai notai alla Cassa sono degli stessi notai, che ne possono disporre con il solo limite di una opportuna corrispettività fra contributi e pensioni, (per cui il quantum va valutato con criteri di equità che garantiscano la proporzionalità con le prestazioni dei notai in esercizio).
In tali sentenze l’Autorità Giudiziaria riconobbe esplicitamente all’ANNISP la rappresentanza dei notai in pensione.
Sulla spinta di queste decisioni la Associazione chiese la privatizzazione della Cassa e la sua esclusione dal parastato, onde poter attuare una vera autonomia gestionale ed amministrativa, senza le quali continuava a permanere 1′ esatto opposto di quanto indicato dalla Magistratura, ossia una inadeguatezza delle pensioni a fronte delle contribuzioni versate alla Cassa dai notai in esercizio.
Si chiese anche che la percentuale della pensione riservata alle vedove, scesa al 68% di quella percepita dal notaio, tornasse, come in origine, al 75% della pensione diretta.
L’Associazione continuò ad insistere perché il trattamento pensionistico lordo annuo, nel suo importo più elevato, venisse ad essere uguale alla media degli onorari notarili, come fu tra il 1965 ed il 1971, mentre attraverso gli anni se ne era discostata di quasi il 45%, e ribadì con forza che le dilatazioni dei compiti istituzionali della Cassa (alcuni deliberati dagli amministratori, come i mutui per lo studio e la casa per i notai esercenti; gli altri imposti dalla legge, come il contributo di maternità o la ricongiunzione dei periodi contributivi per precedenti attività lavorative) non dovessero danneggiare in alcun modo le pensioni. Nel 1991 1!ASNNISP, (ed in proprio il Presidente Roberto Galanti, il vice presidente Carlo Raiti e il tesoriere Gilberto Colalelli) propose un nuovo ricorso al TAR del Lazio contro la deliberazione della Commissione Amministratrice della Cassa che aveva limitato la percentuale di aumento delle pensioni al 12%, con ciò di fatto respingendo la richiesta di procedere ad una integrazione straordinaria delle pensioni anteriori al 23.11.1990, sperequate rispetto a quelle successive e indirettamente danneggiate dal nuovo meccanismo di calcolo delle indennità di cessazione, aumentate frattanto in misura notevolissima.
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Nel 1991, il Parlamento approvò finalmente la nuova legge sull’Ordinamento della Cassa e del Consiglio Nazionale con netta separazione gestionale e contabile, (come fu sostenuto già a far tempo dal 1957 dal fondatore dell’ASNNIP Antonino Guidotti che aveva fatto presentare alla Camera idoneo progetto di legge da un deputato amico dei pensionati).
Il più vecchio ed importante obiettivo dei pensionati, di sedere cioè nel Consiglio di Amministrazione della Cassa a fianco dei notai in esercizio fu così raggiunto, anche se per favorire questo obiettivo l’Associazione, attraverso una modifica statutaria, aveva frattanto rinunciato a chiedere la parità fra notai in esercizio e notai in pensione.
I primi pensionati amministratori della Cassa furono Agostino Avanzini di Milano, Enzo Fornaro di Bari, e Pietro Roz di Torino (quest’ultimo segnalato dall’ASNNIP poi sostituito, a sua richiesta per ragioni di salute, da Vincenzo Papi di Roma).
Negli anni più recenti, salvo qualche spiacevole episodio, i rapporti con gli organi del Notariato e con la Cassa divennero buoni, specie dal punto di vista dei rapporti personali (rammentiamo che in occasione della celebrazione del 600 anniversario del concorso degli esami, nel 1988 fu premiato il presidente dell’ASNNIP Dott., Roberto Galanti; che un rappresentante dell’ASNNIP – Dott. Moscatelli fa parte del Comitato ordinatore dei Congressi e che lo scorso anno l’intero Consiglio di Amministrazione della Cassa fece visita di cortesia al Consiglio direttivo dell’ASNNIP nella sede dell’Associazione).
L’Associazione continuò tuttavia e continua a svolgere il ruolo di tutore e garante delle aspettative dei pensionati, sempre con estrema fermezza, nel rispetto degli scopi statutari.
Questa è dunque, in sintesi, la cronaca o meglio la storia di quaranta anni di lotte, di speranze e delusioni, di conquiste e vittorie di un gruppo di uomini che, alla guida dell’Associazione, hanno operato, spesso con sacrificio personale, (di tempo, di denaro e di salute) per vedere affermati i diritti dei notai pensionati, delle vedove e dei familiari bisognosi di notaio; per migliorare le loro condizioni di vita, – dimenticate da quei colleghi in esercizio, che pur in una lodevole attività amministrativa a favore della categoria, pensavano solo ad un domani migliore, sacrificando, senza rendersene ben conto, quanti dovevano vivere nel presente – e per vedere soprattutto rispettata, nella vecchiaia, la dignità personale, il decoro e la rispettabilità di quanti hanno dedicato la loro vita alla professione notarile con probità, e rettitudine, nell’apprezzamento di tutti i cittadini.
Continua …
*) Dal Notiziario n. 2/1994 (torna)
1) tema ancora oggi di attualità se ancora nel 2009 l’allora presidente della CNN sentiva l’esigenza di condannare le “grosse sperequazioni nella distribuzione del lavoro e dei ricavi professionali”, di invocare la necessità di “porre un argine agli studi/azienda, ai cosiddetti, “attifici” con un limite quantitativo di lavoro per ciascun notaio” (In Bollettino della CNN n. 4/2009, pag.11). (torna)
2) corrispondenti rispettivamente ad attuali € 895 e 681 circa. (La rivalutazione è stata effettuata utilizzando l’apposito modulo che l’Istat fornisce all’indirizzo http://rivaluta.istat.it/Rivaluta/) (torna)
3) corrispondenti rispettivamente ad attuali € 1.364 e 1.023 circa. (Rivalutazione effettuata come sopra) (torna)
4) L’argomento è stato portato all’attenzione del parlamento nazionale in tre occasioni: dall’on. Colitto nella II legislatura repubblicana (ed è stato l’unico che ha ottenuto una discussione in Commissione ); dagli onorevoli Bernardi e Pennacchini nella VII legislatura e dall’onorevole e collega De Cinque (primo firmatario) ed altri nell’ottava legislatura. (torna)
5) Con profetica anticipazione delle norme sulla tutela della riservatezza. (torna)