Mi ero iscritto con entusiasmo al 50° Congresso Nazionale del Notariato.
L’entusiasmo era cresciuto allorquando avevo sentito dal Presidente del Congresso che si sarebbe trattato di un incontro congressuale speciale, molto diverso dai precedenti.
Invero la specialità che ho potuto chiaramente constatare è stata la dolorosa ed emarginante negazione del diritto di voto ai notai pensionati in contrasto con gli articoli 10, 16 e 17 del Regolamento Congressuale.
In realtà chi presiede l’assemblea ha, a mio modesto avviso, soltanto il potere di regolare la durata e i modi degli interventi, nonchè il sistema di votazione, ma non di stabilire chi abbia o meno il diritto di voto tra i componenti di detta assemblea.
Forse le esigenze informatiche ormai riescono a prevalere su tutti gli interessi con esse confliggenti!
Non può negarsi che quasi tutti gli invitati intervenuti (politici, appartenenti alle istituzioni e giornalisti) hanno parlato bene del Notariato, evidenziandone l’importanza sotto il profilo della tutela della legalità, ma che nessuno di tali invitati ha sottolineato il grosso rischio di completo scadimento della pubblica funzione notarile qualora fosse approvata anche dal Senato la modifica dell’art. 4, comma 1, della Legge Notarile, con la previsione di un posto notarile ogni 5000 abitanti ed il contemporaneo abbandono di ogni riferimento al volume d’affari ed al reddito conseguibile.
Difatti far perdere l’autosufficienza economica al notaio significa privarlo dell’attitudine ad essere terzo disinteressato sottraendogli anche i mezzi per acquisire l’elevato sapere tecnico necessario per esercitare una pubblica funzione estremamente delicata, nella quale l’etica è essenziale.
Inoltre non ha alcun senso che alla progressiva diminuzione della domanda di servizi notarili ed alla continua restrizione delle esclusive notarili corrisponda un aumento, oltretutto abnorme, dei posti di notaio, che interesserebbe soprattutto le zone del Paese più densamente popolate anche se povere.
Soltanto la Senatrice Finocchiaro ha criticato la posizione del presidente dell’Antitrust avv. Petruzzella, schierato totalmente a favore dell’estensione ai notai della concezione europea della libera professione come attività d’impresa. La predetta Senatrice Finocchiaro, anche se ha perorato la non condivisibile estensione del potere di rogito di ciascun notaio all’intero territorio nazionale, è stata l’unica ad obiettare che la professione notarile non può paragonarsi ad alcuna altra professione perchè esprime una funzione dello Stato.
Nessun rappresentante istituzionale del Notariato ha controdedotto, alle discutibili affermazioni dell’avv. Petruzzella, che la libera professione, per i notai, è soltanto una modalità d’esercizio di una pubblica funzione, concessa esclusivamente allo scopo di assicurarne l’indipendenza.
Nessuno è stato in grado di sottolineare che, pertanto, le regole del libero mercato e della libera concorrenza non possono essere applicate all’attività notarile, nella quale spicca la funzione pubblica di controllo della attività negoziale privata.
Al riguardo devo anche osservare che, pur erroneamente ammettendo che il notaio sia un professionista non diverso dagli altri, il nostro codice civile, ancora vigente, distingue nettamente l’attività d’impresa da quella delle professioni intellettuali.
In ogni caso un’attività statuale, alla quale si accede con una rigida selezione per concorso, come è sostanzialmente quella notarile, deve assicurare, a chi l’eserciti, indipendenza economica proprio per garantire la terzietà della finzione pubblica.
Una concorrenza sfrenata tra notai condurrebbe, per motivi di sopravvivenza e qualunque possa essere il controllo su di essi, alla compiacenza verso il contraente più forte e addirittura alla inosservanza della legge proprio da parte di chi è chiamato istituzionalmente a farla osservare.
Occorre anche considerare che lo spropositato aumento del numero dei notai produrrebbe anche gravi guasti al sistema previdenziale solidaristico della Cassa Nazionale con la probabilità che l’onere pensionistico, anche se adeguato esclusivamente alle necessità alimentari, dovrebbe essere sopportato dallo Stato. In sostanza devo osservare che si sarebbe dovuto affermare chiaramente in sede congressuale, davanti a politici ed autorità intervenuti, che l’approvazione della suddetta norma determinerebbe la completa delegittimazione dell’attività notarile, purtroppo già notevolmente delegittimata, come ho avuto modo di descrivere in un mio precedente scritto (pagg. 8 e 9 del n. 2/2013 di questo Notiziario). Infine devo sottolineare che bisognerebbe fare presente ai governanti, ai parlamentari ed ai politici in genere, che l’ulteriore aumento dei posti notarili non distribuirebbe equamente il lavoro tra i notai di nuova nomina, poichè i pochi grossi studi (i famigerati “attifici”) – che purtroppo proiettano nei confronti dell’opinione pubblica, per la loro ostentata visibilità, l’immagine distorta di una ricchezza generalizzata dei notai – continuerebbero a fondare prevalentemente la loro attività su indistruttibili agganci con il potere economico che più conta, e quindi continuerebbero a realizzare i soliti spropositati guadagni.
Renato Campo
Notaio in pensione