Eredità, rinunzia ok

È valida la rinunzia all’eredità da parte del chiamato possessore dei beni ereditari anche senza redazione dell’inventario. Lo studio n.406-2017/C della Commissione studi civilistici del notariato conferma l’orientamento costante di prassi e dottrina.

L’art. 519 cc, ai fini della validità della rinunzia, richiede esclusivamente la dichiarazione ricevuta da notaio o cancelliere del tribunale, che verrà poi inserita nel registro successioni. Secondo un’isolata Cassazione (4845/2003), invece, il chiamato all’eredità nel possesso di beni ereditari deve prima far redigere l’inventario (da notaio o cancelliere del Tribunale) e poi formalizzare la rinuncia ex art. 485 cc. Questa interpretazione troverebbe giustificazione «nella esigenza di tutela dei terzi, sia per evitare ad essi il pregiudizio di sottrazioni ed occultamenti dei beni ereditari da parte del chiamato; sia per realizzare la certezza della situazione giuridica successoria». In realtà, la redazione dell’inventario ex art. 485 cc trae il proprio fondamento nella necessità di separare il patrimonio del de cuius da quello dell’erede per preservare il patrimonio personale dell’erede, tutelare i creditori del de cuius affinché abbiano un’esatta rappresentazione del patrimonio ereditario ed evitare che il possesso dei beni da parte del chiamato possa determinare un’agevole sottrazione degli stessi. L’inventario è inoltre uno strumento che consente al chiamato di valutare preventivamente la convenienza di un’accettazione con beneficio di inventario o meno dell’eredità. Se non vi sono dubbi sulla volontà di rinunciare, magari perché si conosce la passività del patrimonio ereditario, sostenere che egli debba comunque effettuare l’inventario appare privo di giustificazione trattandosi di onere molto gravoso e non previsto. La legge prevede la «sanzione» dell’acquisto dell’eredità in modo puro e semplice solo per i chiamati che, nel possesso di beni ereditari, non decidono se accettare o rinunciare. La conseguenza dell’acquisto dell’eredità nonostante la rinunzia nell’ipotesi di mancanza di redazione dell’inventario rappresenterebbe sanzione sproporzionata. Per soddisfare, poi, le esigenze poste a fondamento dell’isolata ricostruzione giurisprudenziale il legislatore ha previsto norme ad hoc: gli art. 490, co. 3 cc (preferenza dei creditori dell’eredità sul patrimonio ereditario di fronte ai creditori dell’erede), 476 (accettazione tacita, qualora il chiamato compia un atto che presuppone la sua volontà di accettare), 512 e ss. (separazione dei beni del defunto da quelli dell’erede), 527 (i chiamati all’eredità che hanno sottratto beni spettanti all’eredità stessa decadono dalla facoltà di rinunziarvi e sono considerati eredi puri e semplici, nonostante la loro rinunzia). Aderendo all’interpretazione minoritaria, ci sarebbe il rischio dell’inefficacia della rinuncia effettuata senza aver redatto l’inventario nei tre mesi dall’apertura della successione. Domenico Chiofalo

ItaliaOggi 18/01/2018 pg. 23

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