Il DDL Concorrenza secondo associazioni, testate ed opinionisti.
Federconsumatori
Non abbiamo mai difeso i notai, anzi al contrario contrastati. Ma il ddl concorrenza, strombazzato come una “sforbiciata” ai privilegi delle lobby, consegna il mercato immobiliare nelle mani di banche e assicurazioni, in tutta la filiera (compravendita, mutuo, assicurazione), eliminando le tutele per i cittadini, garantite dai notai (pubblici ufficiali). La norma che consente l’ingresso di soci di capitale nelle società tra professionisti (art. 26, comma 1, lett. d) e quella che estende a duecentoquarantamila avvocati (privi del titolo del concorso pubblico) attribuzioni della funzione pubblica, per autenticare vendite, donazioni e mutui (al momento di uso non abitativo e del valore catastale inferiore a 100000 euro) crea la legittimazione del progetto di grandi gruppi bancari, come Intesa ed Unicredit, per consentire a banche ed assicurazioni di spartirsi il mercato immobiliare, mettendo al servizio delle loro società-veicolo soci nominalmente professionisti, ma di fatto loro dipendenti, per stipulare tali contratti immobiliari.
http://www.federconsumatori.it/ShowDoc.asp?nid=20150225111746
Beppe Severgnini (editorialista del Corriere della Sera)
(dopo alcune critiche, condivisibili, alla categoria notarile. [n.d.r.])
Ma i notai servono. Sono pubblici ufficiali, quindi figure terze. Sono professionisti preparati. Il sigillo, nel Paese del Pressappoco, è una garanzia. Compravendite, donazioni e successioni – i passaggi più delicati della nostra vita patrimoniale – sono in mani sicure. I Paesi dove il notariato non esiste – Regno Unito, ad esempio – hanno un’amministrazione efficiente e tribunali spicci. Infilare le controversie immobiliari nell’imbuto giudiziario italiano? Auguri.
Non solo. Aggirando il notaio aumenta il rischio di frodi identitarie (è già accaduto dopo l’esclusione delle volture delle autovetture) e di confusione ipotecaria: una concausa della crisi dei mutui americani, e sappiamo quanto ci è costata. Rischieremo truffe per vendite di beni non di proprietà del venditore, e riciclaggio di denaro attraverso la costituzione di società con capitale inferiore a €20.000. Chi può, perciò, ricorrerà ancora al notaio; chi non può, andrà altrove. Due Italie anche qui: come se non ce ne fossero abbastanza.
http://italians.corriere.it/2015/02/26/i-notai-non-sono-simpatici-a-tutti/#.VO7Vxq6P9JU.twitter
Dagoreport
Il ddl concorrenza, strombazzato come una “sforbiciata” ai privilegi delle lobby da Renzi, in realtà sembra consegnare il mercato immobiliare nelle mani di banche e assicurazioni, eliminando le tutele per i cittadini.
Combinando insieme la norma che consentirebbe l’ingresso di soci di capitale nelle società tra professionisti (art. 26, comma 1, lett. d) e la norma che estende a duecentoquarantamila avvocati (privi del titolo del concorso pubblico) attribuzioni della funzione pubblica, per autenticare vendite, donazioni e mutui (al momento di uso non abitativo e del valore catastale inferiore a 100000 euro) crea la legittimazione del progetto già in essere da parte di grandi gruppi bancari (ad es. Unicredit e Intesa)…
senza considerare che viene fatta fuori la figura terza ed indipendente del notaio, sostituita da autenticatori orientati a fare l’interesse delle società e non a garantire le tutele di entrambi contraenti. Inoltre, verrà stravolta la tenuta dei registri immobiliari…
Che belle le liberalizzazioni in cui si toglie una prerogativa a un soggetto privato, ma con funzioni e responsabilità pubbliche (il notaio), per consegnarle a un altro soggetto privato, che però ha il solo interesse dei suoi azionisti.
Lo sanno anche i sassi che il problema per i cittadini non sono i notai o le loro funzioni, ma le esorbitanti tasse di registro e sugli immobili che devono riscuotere per conto dello Stato. E’ riducendo quelle, e non regalando un mercato alle banche, che si incentiva l’iniziativa privata
(Quest’ultima affermazione è ottimistica [n.d.r.])
Roberto Napoletano direttore de Il Sole 24 Ore
Le liberalizzazioni fanno bene al mercato perché producono una diminuzione dei costi per imprese e consumatori.
Se, invece, riducono e compromettono la certezza dei diritti, allora le liberalizzazioni fanno male a tutti.
Per questo motivo, ogni slancio verso il sacrosanto obiettivo dell’apertura dei mercati va perseguito con razionalità e chiarezza.
Il disegno di legge approvato il 20 febbraio dal Consiglio dei Ministri non sembra sempre essere improntato a questi principi.
Di certo non lo è quando prevede di affidare anche agli avvocati la possibilità di autenticare le scritture per la cessione di immobili non abitativi, di valore catastale fino a 100mila euro.
La questione non è la possibile contrapposizione tra professionalità oggettivamente diverse.
La questione, invece, è tutelare i cittadini e gli operatori, assicurando loro rispetto delle regole e la qualità del risultato.
Ma estendere parte delle competenze dei trasferimenti di immobili non sembra affatto funzionale a garantire né le parti né la collettività
(Il Sole 20 Ore 27 febbraio 2015, pag. 28)
Salvatore Todaro direttore del quotidiano on line Italia Post
(coglie un punto fondamentale [n.d.r.])
il notaio è per definizione imparziale. Nell’ordinamento attuale questa imparzialità è appunto salvaguardata: ma se delle competenze vengono trasferite ad altre categorie professionali che, per definizione, imparziali non sono… si verrebbe a perdere un cardine fondamentale non tanto per la categoria, quanto per noi cittadini…
cambiare il sistema notarile in questo modo porterebbe solo danno
http://www.italiapost.info/186844-ecco-notai-ddl-concorrenza/
Redazione de Il Foglio quotidiano
Ma il peggio arriva col capitolo delle professioni. Mettere in discussione l’esclusiva notarile sulla redazione di atti quali le compravendite di garage e la costituzione di startup con modesto capitale sociale scatenerà l’iradiddio: non solo il ddl Concorrenza “consegna il mercato dei servizi professionali alle lobby delle banche e delle assicurazioni”, ma addirittura espone l’intero paese “a forti rischi di criminalità, abusi e frodi”, senza contare la “rarefazione delle verifiche antiriciclaggio”
http://www.ilfoglio.it/articoli/v/126164/rubriche/moriremo-tutti-di-liberalizzazioni.htm
idem
Nell’Europa continentale, cioè nei paesi di diritto civile, il loro (dei notai [n.d.r.]) ruolo è sempre stato un esempio virtuoso di sussidiarietà orizzontale: professionisti privati investiti di funzioni pubbliche, una “casta” riconosciuta dalla legge da cui questa ha preteso il massimo delle diligenza nella compilazione e nel controllo degli atti più importanti per la vita economica di una società. Non c’è la controprova, ma la sensazione è che in un paese a forte entropia come l’Italia, con una Pubblica amministrazione confusa e opaca, i notai abbiano rappresentato un argine al disordine. La complessità dell’economia globale e la sofisticazione contrattuale rendono quanto mai preziosa la competenza e l’esistenza stessa del signor notaro.
Dopo la crisi dei mutui subprime, collassati per la loro opacità, persino negli Stati Uniti c’è chi ha proposto di importare nella regolazione relativa alle transazioni sugli immobili residenziali e ai mutui alcuni aspetti del notariato latino, quello di Francia, Germania e Italia…
Negli Stati Uniti, dicevamo, si ragiona su un punto: la presenza di notai all’europea – sostengono ad esempio Peter Murray della Harvard Law School o Rongxin Zeng della cinese Jiangxi University – renderebbe le operazioni di richiesta e concessione dei mutui più trasparenti ed efficienti, a prova di bolla e a vantaggio delle parti più deboli ed esposte alle asimmetrie informative?…
Eppure, per quanto importanti e apprezzati, i notai non possono opporsi a ogni tentativo di ripensamento e modernizzazione della loro professione. Nei sistemi di diritto comune si riflette sui pro del notariato europeo? E’ dunque opportuno che anche da noi si immagini una maggiore ibridazione con gli altrui modelli.
(su questo punto ci consentirà la redazione de Il Foglio di osservare che una ibridazione tra modelli diversi non può attuarsi con un comma di un articolo di legge, ma che richieda una revisione di tutto l’impianto complessivo? [n.d.r.])
L’articolo si avvia a conclusione con una osservazione che ognuno di noi dovrebbe meditare:
“Se i notai avessero avuto maggiore disponibilità alla concorrenza interna, avrebbero forse evitato di doversi confrontare con la nuova filosofia del governo Renzi: la concorrenza “esterna”, cioè la condivisione per legge di una quota del business notarile con gli avvocati.”
L’Espresso on line
…L’Antitrust, nella sua relazione annuale al Parlamento, chiedeva alcune norme capaci di portare a un’ulteriore liberalizzazione del settore notarile, già avviata con le lenzuolate di Pier Luigi Bersani e proseguita sotto il governo Monti, che aveva definitivamente cancellato le tariffe. In particolare, dagli uomini di Giovanni Pitruzzella era stato auspicato l’ampliamento del raggio d’azione del singolo notaio dal distretto di corte d’appello alla regione, l’abolizione del fatturato minimo di 50 mila euro per l’istituzione di nuove sedi notarili, l’ampliamento della possibilità di ricorrere alla pubblicità (tutte richieste accolte).
Non avevano invece fatto cenno all’apertura agli avvocati del mercato delle compravendite immobiliari. La mossa ha preso in contropiede i notai, che dietro alla potente lobby dei legali in realtà vedono fare capolino pure un concorrente più insidioso e agguerrito: il sistema bancario, le cui capofila, Unicredit e Intesa Sanpaolo, si sono affacciate sul mercato del mattone.
Il business immobiliare non residenziale sotto i 100 mila euro di valore catastale (che corrisponde a un valore commerciale di 300-400 mila euro) è una piccola frazione di quello totale. Secondo i notai vale tra i 10 e i 12 miliardi l’anno. Mario Breglia, presidente del centro studi Scenari Immobiliari, è più cauto e parla di una torta da 4 miliardi e 560 milioni. Oggi quando uno dei 4.800 notai in attività stipula una piccola compravendita trattiene in media, secondo il presidente di Federnotai, Carmelo Di Marco, l’1,2 per cento dell’importo. Se si prendono per buone le quotazioni di Breglia, la liberalizzazione riguarda dunque per ora un business da circa 55 milioni l’anno. Troppo poco per solleticare l’interesse dei colossi del credito. Ma i notai temono che il cambiamento sia una sorta di grimaldello per arrivare alla progressiva apertura dell’intero mercato delle compravendite, comprese quelle abitative. Un business che, nonostante la crisi del mattone, vale qualcosa come cento miliardi l’anno.
Le banche, già snodo obbligatorio per chi ha bisogno di ottenere un mutuo, stanno organizzando il loro servizio immobiliare. Quando avranno completato il progetto si troveranno in una formidabile posizione di forza. Convincere i clienti che si presentano in filiale per chiedere un finanziamento e per farsi aiutare nella ricerca di un appartamento a trattenersi anche per la stipula del relativo contratto non sarà un’impresa difficile.
I notai rischiano così di trovarsi nell’angolo. Pazienza per i loro portafogli, dato che la categoria vanta un reddito medio lordo di 224 mila euro (i dati sono del 2012).(ma un così elevato reddito dipende anche dal fatto che i notai dovendo compilare il c.d. repertorio, documento pubblico, la cui mancata o non corretta tenuta costituisce reato, quanto meno colposo, non consente consistenti evasioni fiscali [n.d.r.])
Peccato invece per una serie di garanzie che hanno finora prestato al sistema. I registri pubblici italiani, alimentati dai dati dei notai, sono considerati un’eccellenza persino dalla Banca mondiale.
Il mercato nazionale delle transazioni immobiliari presenta un contenzioso limitato allo 0,003 per cento dei casi. E oltre nove segnalazioni antiriciclaggio su dieci effettuate da professionisti alla Banca d’Italia portano la firma di notai. Che nel 2014 hanno versato direttamente al fisco 6,5 miliardi di imposte sugli atti firmati.(oltre tutto senza aggio[n.d.r.])
Ecco perché stavolta i signori della stipula, nella loro resistenza, potrebbero trovare più di un alleato.
Espresso on line 6 marzo 2015