Dal 2006 il notariato di tipo latino acquisisce un nuovo aderente; nientemeno che la Cina.
La notizia non è nuova ma ce la ricorda Il Sole 24 Ore con un articolo a firma Giuseppe Latour (21/04/2019 pg. 9) il quale ci informa anche che la scelta non è stata casuale ma ponderata a seguito di una analisi comparata costi-benefici tra il notariato anglosassone (di common law) e quello latino (di civil law).
È una conferma, che ci viene da fonte neutrale, di quello che il notariato latino va da tempo sostenendo, con buona pace del prof. Luttwak che ne ha proclamato la costosa inutilità ogni qual volta è apparso sugli schermi delle TV italiane.
L’altra notizia è che questa scelta è stata ispirata anche dal notariarto italiano come ci ricorda un articolo più remoto apparso sul Corriere della Sera il 12 ottobre 2012 (e ripescato sul sito pubblico del Notariato Italiano (https://www.notariato.it/it/news/scambi-missione-cina-i-notai-di-pechino-scuola-italia) da cui apprendiamo che notai italiani, “additati da sempre come la corporazione che più di ogni altra rifiuta il libero mercato, adesso vivono una stagione di popolarità internazionale. I notai russi e quelli cinesi continuano a svolgere stage in Italia per apprendere meglio i «segreti» del nostro sistema di notariato. Persino l’Economist che ha sempre sostenuto che «per decenni i 5.000 notai italiani si sono arricchiti grazie a leggi che limitano il loro numero sul territorio», ora è pronto a riconoscere l’efficienza vincente del modello di notariato latino.”
E come è organizzato il notariato cinese? Sulla base del principio del numero programmato determinato in considerazione delle esigenze della popolazione e dello sviluppo economico e demografico delle varie regioni e province; cioè di quei criteri di distribuzione delle sedi notarili che la potente lobby del notariato italiano ha invano cercato di difendere in occasione del varo della legge sulla concorrenza ed il mercato (vedi l’artiolo del sole 24 ore citato).
L’operato del notaio (ci informa lo stesso articolo) è retribuito sulla base di tariffe inderogabili stabilite dallo Stato, con buona pace delle “lenzuolate” bersaniane.