La notizia buona (che riguarda relativamente poche persone) è che con il 31 dicembre finisce il prelievo sulle pensioni c.d. d’oro e che non dovrebbe essere rinnovato tenuto conto del fatto che la Corte Costituzionale in più occasioni e, da ultimo, nel confermare la legittimità costituzionale del contributo ha considerato, tra le condizioni necessarie per superare lo scrutinio di costituzionalità, il suo essere utilizzato come misura una tantum.
Il condizionale è d’obbligo visto che come avverte Huffingronpost.it in un articolo a firma Adriano Bonafede del 16 luglio 2016, (http://www.huffingtonpost.it/adriano-bonafede-/stato-pensioni-doro-_b_11068298.html) comincia a circolare una interpretazione della decisione della Corte che, relegando in secondo piano la motivazione (nella quale sono fissate le condizioni per il riconoscimento di legittimità) ritiene aperta la strada ad un prelievo di solidarietà permanente.
La notizia cattiva, (che riguarda tutti) concerne le rivalutazioni sia del montante contributivo al quale si applica l’indice di trasformazione per il calcolo dei ratei di pensione (che dovrebbe essere rivalutato ogni anno sulla base della variazione media del Pil del quinquennio prevedente), sia dei ratei delle pensioni già in erogazione (che dovrebbero essere adeguati all’inflazione rilevata nei 12 mesi precedenti).
Il primo indice (media del Pil quinquennale 2014, applicato nel 2015) è risultato negativo e quello del 2015, applicato nel 2016 supera di poco lo 0,5/1000 e l’attuale andamento dell’economia, non lascia sperare per il meglio per il prossimo anno.
Anche il secondo indice (adeguamento all’inflazione) per il 2015 (applicabile all’anno in corso) è risultato negativo e quello previsto per quest’anno, applicabile al prossimo è previsto nullo. (dati ricavati dal citato articolo).
Ma le valutazioni che abbiamo date di queste notizie, in termini di buona e cattiva, andrebbero, forse, ridimensionate:
- la prima considerando che, come l’imposizione del contributo non ha impoveriti eccessivamente coloro che vi sono stati soggetti (gli importi minimi di ciascuno scaglione si sono ridotti, trascurando i decimali, rispettivamente a € 85.853, 114.568 e 160.504, ancora di tutto rispetto paragonati alla media, anche considerando che essi vanno maggiorati del risparmio fiscale dovuto alla riduzione del reddito imponibile), così non li arricchirà granché alla sua cessazione, se si tiene conto, nel fare queste valutazioni, della nota regola economica dell’utilità marginale;
- la seconda se osserva che la stabilità dell’indice di rivalutazione se da un lato impedisce l’adeguamento, dall’altro segnala la stabilità del potere di acquisto del reddito cui si applica.
Forse!