Il Notaio Giovanni Fulcheris, quale seguito dell’articolo già pubblicato sul Notiziario 1/2018, ci ha inviato un nuovo interessante intervento.
Il nostro Associato suggerisce spunti di riflessione – rivolti alla Categoria ed al Governo – per migliorare l’attuale situazione nella quale versa il notariato ed evidenzia, senza mezzi termini, i possibili rimedi che C.N.N. e Governo potrebbero adottare.
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Nel precedente editoriale in argomento apparso su questo bollettino abbiamo dimenticato un paio di ulteriori “misfatti” commessi ai danni del Notariato, senza poi contare quelli evidenziati nella relazione di Paolo Pedrazzoli, in questi giorni trasmessa agli iscritti in occasione dell’assemblea annuale.
Un bel giorno il nostro misericordioso legislatore ha ritenuto che i mutuatari non dovessero sottostare all’onere conseguente alla cancellazione dell’ipoteca a suo tempo iscritta a garanzia del mutuo stipulato con la banca e ha sancito che la cancellazione di detta ipoteca potesse essere richiesta direttamente in via telematica dalla banca mutuante alla competente Conservatoria, esonerando così il mutuatario da ogni ulteriore spesa al riguardo.
Riconosco onestamente che il compenso previsto per tale atto dalla tariffa notarile allora vigente era del tutto sproporzionato rispetto all’impegno ed alle responsabilità incombenti sul Notaio richiesto per tale prestazione, ma il rimedio adottato resta il classico “taccone peggior del buco” che si intendeva rattoppare.
Infatti per assicurare l’assoluta garanzia di autenticità che tale formalità esige, era sufficiente stabilire che al Notaio venisse attribuito un compenso onnicomprensivo, ovviamente oltre le anticipazioni inerenti, ad esempio tra i 100,00 ed i 200,00 Euro, sempre beninteso a carico del mutuatario, qualora questi avesse avuto interesse alla formale cancellazione dell’ipoteca, che comunque, in assenza di rinnovazione, perime di diritto alla scadenza del ventennio, senza bisogno di introdurre una grave falla al principio di autenticità degli atti nel sistema della pubblicità immobiliare.
Ed ora con ansia attendiamo qualche esperto pirata informatico che via internet si offra, con un modesto compenso del 10% del debito residuo del mutuo in essere, a provvedere “in proprio” alla cancellazione dell’ipoteca iscritta, per poter vendere il giorno dopo in santa pace l’immobile già gravato dall’iscrizione, tenendo presente che la cancellazione dell’ipoteca è irreparabile e non c’è santo che possa in un modo o nell’altro, una volta cancellata, farla “risuscitare”, neppure con efficacia “ex nunc”.
E per concludere il bellezza su questo argomento osserviamo ancora che, alla faccia di tutti gli uffici legali delle nostre banche, nessuno si è sinora accorto che l’ultima rata del mutuo ventennale rimane priva di ogni garanzia reale, in quanto l’ipoteca iscritta – come detto – “perime” con la scadenza del ventennio e quindi proprio il giorno stesso di scadenza della rata, non potendo l’iscrizione a garanzia essere oggetto di rinnovazione in quanto tale è stata convenuta la sua durata. Se pertanto il mutuatario non paga alla scadenza tale ultima rata, essendo venuta automaticamente meno la garanzia originaria, la banca non ha più alcun mezzo per recuperare il proprio sia pur ormai modesto credito.
Per terminare in bellezza l’argomento fermiamoci ancora sul sistema di tassazione dei trasferimenti di diritti reali attinenti ai beni immobili, fabbricati civili in particolare, che in correlazione alle norme antiriciclaggio è stato completamente rivoluzionato rispetto al vecchio sistema dell’”accertamento di valore” del diritto trasferito.
Ai miei tempi in un atto notarile di compravendita di diritti immobiliari le parti dichiaravano di aver convenuto un certo corrispettivo, che il più delle volte l’Ufficio del Registro non riteneva congruo e si iniziava così un contenzioso in ordine alla pretesa fiscale che si concludeva o con un “concordato” a seguito della riduzione da parte dell’Amministrazione finanziaria del valore preteso o con un contenzioso che poteva anche durare anni prima di giungere ad una definitiva conclusione della pratica.
Restava a questo punto fermo il principio che la responsabilità del Notaio in caso di suoi errori restava circoscritta entro l’ammontare del prezzo dichiarato in atto e l’onorario spettante al Notaio era ovviamente riferito a tale importo.
Con il sistema della determinazione del valore imponibile in base alla c.d. “valutazione automatica” (rendita catastale moltiplicata per un determinato coefficiente in relazione alla tipologia dell’immobile), indipendentemente dal prezzo pagato, da una parte si è eliminato un infinito contenzioso in materia e dall’altra di è ottenuta in tale campo un’effettiva trasparenza sulla circolazione del denaro, alla quale il Legislatore giustamente mirava al fine di porre ogni ostacolo possibile alla circolazione del c.d. “denaro sporco” di illecita provenienza.
Con tale sistema si sono indubbiamente raggiunti in tale direzioni degli apprezzabili risultati, ma in definitiva è stato ancora una volta il Notariato a farne le spese. Infatti un legislatore misericordioso si è subito premurato di stabilire che gli onorari per tali atti, da commisurarsi in ogni caso sul prezzo dichiarato, venissero ridotti del 30%, per premiare l’acquirente – contribuente costretto a dire la verità.
Il risultato in definitiva è quello che invece di riconoscere al Notaio compenso che giustamente gli sarebbe spettato, e che in precedenza gli veniva sottratto con dichiarazioni di corrispettivi non veritieri, talvolta anche di gran lunga inferiori al prezzo effettivamente convenuto, questo gli viene prontamente decurtato di quasi un/terzo, mentre la sua responsabilità prima commisurata al valore dichiarata dalle parti, ora si estende al reale valore della convenzione con tutte le conseguenze che ne derivano.
E forse con questo al momento termina la sequela di lamentele che purtroppo non si è mai fatta sentire da chi avrebbe dovuto alzare la voce al riguardo.
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Ed ora, memore dell’insegnamento del prof. Mario Allara, ai tempi mio docente ordinario di diritto privato all’Università di Torino, tentiamo di proporre costruttivamente alcuni dei rimedi che non solo si potrebbero, ma si dovrebbero assolutamente adottare per riparare tutti i danni derivanti dagli enunciati attacchi dal Legislatore compiuti in un passato più o meno recente nei confronti dell’incontestabile “esclusività” della nostra professione e della pubblica funzione che ci è delegata dallo Stato.
Ma andiamo per ordine e vediamo uno per uno i rimedi auspicabili, anche se quanto esporrò è, e resterà, un sogno irrealizzabile e che in ogni caso provocherebbe indubbiamente l’ “ire funeste” di coloro che, pur non avendo i requisiti occorrenti, hanno beneficiato della scriteriata legislazione emanata in materia, ben sapendo che nessun Ministro della Giustizia avrà il coraggio di innestare la doverosa retromarcia al riguardo.
Il brodo è stato versato e raccoglierlo è purtroppo impresa di cui pochi sono capaci!
VIDIMAZIONE DEI LIBRI CONTABILI:
come detto, un grazie incondizionato al ministro Tremonti per aver eliminato una formalità che con le procedure informatiche oggi risulta del tutto superflua ed antieconomica sia per le imprese, sia per i Notai.
NAUTICA DA DIPORTO:
l’abbiamo detto.
L’esigenza di identificare le imbarcazioni a motore con potenza all’elica superiore anche solo a 10 HP è irrinunciabile.
Un pubblico registro del tutto simile a quella adottato per i motoveicoli sino a 50 cc. di cilindrata, con competenza prefettizia, risolverebbe ogni problema, con un minimo aggravio per i diportisti e nullo per le Capitanerie di Porto, che hanno ben più importanti incombenze a cui oggi badare.
ASTE GIUDIZIARIE:
Solo il Notaio, quale “delegato” del Giudice dell’esecuzione, è il pubblico ufficiale legittimato a dare pubblica fede ai verbali relativi allo svolgimento delle procedure, sino a querela di falso.
Quanto verbalizzato da avvocati, dottori commercialisti e ragionieri, quali semplici “ausiliari” del giudice, fa fede unicamente solo fino a prova contraria, per cui la tutela della pubblica fede che tali professionisti possono garantire con i loro atti, piaccia o non piaccia, è del tutto relativa, pur dando per scontata, ma ovviamente solo “sino a prova contraria”, l’assoluta correttezza di tali delegati.
In secondo luogo la competenza di tali professionisti, in particolare in materia urbanistica, di procedure ipotecarie e catastali, e per alcuni anche nel campo del diritto, senza offendere nessuno, diciamolo chiaramente, non può essere in ogni caso pari a quella che necessariamente deve avere un Notaio.
Al limite a tali professionisti potrebbe essere delegata a conclusione della procedura, senza alcun aggravio per le parti, in quanto un compenso – quale che sia – per la predisposizione del piano di riparto era in ogni caso previsto ed è comunque dovuto, nonostante la follia della abolizione delle tariffe professionali, dovendosi onestamente ammettere che in materia fallimentare le competenze specifiche richieste possono non fare parte che del bagaglio culturale del Notariato.
COMPRAVENDITA DI AUTOVEICOLI:
Siamo perfettamente d’accordo che è semplicemente indecoroso che un Notaio si “abbrutisca” a limitare la sua attività a questo campo, come in qualche caso una volta purtroppo avveniva, e che l’autentica delle vendite dei motocicli e degli autoveicoli nuovi di fabbrica sia assolutamente superflua, essendo più che sufficiente che i rappresentanti delle ditte venditrici depositino la propria firma autenticata dal Notaio o dallo stesso Conservatore del registro, presso gli Uffici competenti ma, sia la vendita con contestuale concessione di ipoteca a garanzia del pagamento dilazionato del prezzo per gli veicoli nuovi di fabbrica, sia la vendita dei veicoli usati esigono in ogni caso l’attestazione della autenticità delle firme delle parti interessate, venditore e compratore messi insieme.
Ed a ciò devono poter provvedere unicamente dei Pubblici Ufficiali, quali appunto il Conservatore del P.R.A. competente, i Notai e, volendo, i Segretari Comunali per facilitare l’esistenza ai residenti nei piccoli comuni, magari distanti vari chilometri dalla prima sede notarile accessibile per l’adempimento di tale formalità, senza obbligare tutti gli interessati a recarsi presso l’ufficio del P.R.A. o di un Notaio nel capoluogo della relativa Provincia.
Un equo compenso adeguato a tale prestazione, anche a favore dell’ufficio del P.R.A., non manderebbe in malora l’acquirente e un semplice adeguamento del sistema informatico del P.R.A. consentirebbe inoltre finalmente di individuare in un istante qualche centinaio di prestanome della criminalità organizzata, o anche di persone del tutto ignare, che risultano intestatarie di decine, o anche di centinaia, di autoveicoli, evidentemente non per “uso personale”, con conseguente segnalazione di tali anomalie alla Guardia di Finanza ed alle Procure della Repubblica competenti per territorio per le conseguenti indagini del caso.
Stante la modicità dei compensi applicabili in materia, il Notariato ci guadagnerebbe ben poco, dando però un notevole contributo alla sicurezza pubblica, e non solo.
SOPPRESSIONE DELLE TARIFFE PROFESSIONALI E LIBERTÀ DI CONCORRENZA:
I governi Bersani e Monti possono insieme andare orgogliosi per essere riusciti in un modo e nell’altro a screditare il prestigio di tutte le libere professioni, favorendo quei professionisti meno preparati, che con compensi “stracciati” ed altri più o meno decorsi espedienti pubblicitari riescono ad assicurarsi una clientela ignara ed incapace di valutare i disastri che possono provocare.
In particolare – l’abbiamo detto – il Notariato svolge un pubblico servizio che deve essere regolamentato anche sotto l’aspetto tariffario. Una tariffa simile a quella approvata dal Consiglio Nazionale del Notariato nell’ormai lontano 2001, con qualche ritocco e con un indispensabile adeguamento in funzione del diminuito poter di acquisto della moneta, dovuto sia alla svalutazione nel frattempo seppur in misura limitata, intervenuta, sia per l’indiscutibilmente dimezzato potere di acquisto della moneta determinatosi in Italia a seguito della introduzione dell’Euro, sia per il conseguente aumento delle retribuzioni dei nostri dipendenti ai quali sono oggi oltre tutto richieste delle particolari competenze, è essenziale per stabilire il dovuto compenso per la pubblica funzione che caratterizza la nostra professione, compenso che deve esse certo ed eguale per tutti.
Il principio della libertà di concorrenza in tale campo non è applicabile e per salvaguardarlo si potrà solo ammettere che l’applicazione del c.d. “articolo 30” della nostra tariffa professionale al tempo vigente, possa avvenire sia senza limiti, sia disapplicandolo del tutto ad insindacabile discrezione del Notaio, salvo l’intervento del Consiglio notarile quando il compenso richiesto risulti sproporzionato nel più o nel meno rispetto all’importanza, alla complessità ed all’impegno occorsi per il buon esito dell’incarico.
REVISIONE DELLA TABELLA DELLE SEDI NOTARILI: Arriviamo all’ultimo scottante argomento in argomento.
I soloni dell’ “Antitrust” dovrebbero in primo luogo tenere conto delle responsabilità e dei rischi incombenti sui Notai e così vediamo se è davvero fondato il luogo comune che “i Notai guadagnano troppo”.
Prendiamo un momento in considerazione un dato inconfutabile: nell’anno 2015 il reddito medio, al lordo delle imposte relative, dei Notai italiani risulta essere stato di Euro 244.000,00, che al netto degli oneri fiscali conseguenti (I.Re.F. e relative addizionali; Imposta di bollo sui depositi bancari, che sui Notai grava pesantemente a causa del rilevante movimento di denaro non loro, connesso alla specificità della loro professione; imposta I.M.U. relativa allo studio, il più delle volte di proprietà) e di ogni altro onere non fiscalmente rilevante che li grava – vedasi ad esempio l’irrisoria e derisoria detrazione del 20% delle spese inerenti all’utilizzo di un indispensabile autoveicolo – è in definitiva pari a non più della metà della cifra sopra indicata, vale a dire non più di circa 10.000,00 Euro mensili.
Tale introito è indiscutibilmente di tutto rispetto, ma in primo luogo ci si deve ricordare che, salvi i “benéfici” effetti conseguenti all’abolizione delle tariffe professionali, i Notai sono gli unici professionisti per i quali l’evasione di anche solo pochi Euro dei compensi riscossi in precedenza comportava in primo luogo dei rischi imprevedibili sotto l’aspetto fiscale, in quanto nessuna prestazione della nostra professione è per più di un motivo occultabile al fisco.
In secondo luogo occorre tenere ben presente – come ripetutamente accennato – le responsabilità che la nostra professione comporta; le difficoltà della stessa; il fatto che, nella migliore delle ipotesi, notai si diventa a trent’anni compiuti e prima di tale soglia si può tranquillamente dire che “a far pratica” non si guadagna un Euro o quasi; che all’inizio dell’esercizio della professione, ad eccezione di pochi fortunati, o perchè congiunti di un notaio in esercizio, o perchè piazzati nelle primissime posizioni della graduatoria del concorso, si ha la possibilità di richiedere ed ottenere in prima nomina l’assegnazione di una sede discretamente produttiva, mentre nella maggioranza dei casi ci si deve accontentare di essere assegnati ad una sede rurale scarsamente redditizia o peggio ad essere costretti ad aprire lo studio in alcune grandi città dove le sedi scoperte abbondano in quanto superflue, Torino in primis, grazie folle revisione tabellare, tuttora inspiegabilmente a sua volta non revisionata, imposta dal mai abbastanza denigrato on. Oronzo Reale ai tempi in cui abbiamo avuto la disgrazia di averlo avuto quale ministro della giustizia.
Ne consegue che un reddito professionale “medio”, quale quello sopra indicato non è affatto scandaloso, specie se messo a confronto con quello “reale” di professionisti operanti in altri campi.
Inoltre, come già detto, ricordiamoci che la statistica è quella che è, per cui nel caso specifico tra i circa 6.000 Notai oggi in esercizio ve ne è certamente un 10% che percepiscono un reddito professionale anche non di poco superiore alla media sopra indicata, ma automaticamente ne deriva che per i restanti 5.400 il loro reddito netto è in definitiva ben inferiore.
Così, se per consentire, a detta dell’ “Antitrust”, la più ampia libertà di concorrenza anche nell’esercizio della nostra professione, si dovesse addivenire ad un raddoppio delle sedi, vediamo cosa nella realtà accadrebbe.
In primo luogo non dimentichiamoci che la concorrenza si fa dove si può e si deve fare: mettere a disposizione di una popolazione un servizio eccedente le proprie necessità è inutile, antieconomico e determina irrimediabilmente solo lo scadimento del servizio stesso.
Una tabella che preveda sic et simpliciter una sede notarile ogni 5.000 abitanti significa che il reddito lordo medio di ciascun Notaio da 244.000,00 Euro si ridurrebbe, oggi come oggi, sempre in media, a 122.000,00 Euro, che al netto degli oneri sopra indicati si riduce sì e no a 60.000,00 Euro netti annui, pari a circa, poco più o poco meno, di 5.000,00 Euro mensili.
E qui incomincia a sorgere spontanea la domanda: “chi me lo fa fare?”.
In secondo luogo, tenuto conto:
– che – come abbiamo detto nel precedente scritto e che qui vogliamo confermare – il concorso notarile, con tutta la buona volontà, dovendosi evitare in ogni caso che il successivo si accavalli sul precedente, col risultato che più di un partecipante possa risultare vincitore nel primo concorso e poi, quando già entrato in esercizio, vedersi bocciato nel secondo (!), come in passato già accaduto più di una volta, non può per i tempi che necessariamente richiede il suo espletamento essere indetto che con cadenza biennale, checchè ne dica la legge;
– che ad ogni concorso partecipano circa 2.500 concorrenti e che idonei ne risultano nella migliore delle ipotesi non più del 10%;
– che non si può e non si deve attenuare la rigorosità sinora perseguita, sia pur già con qualche pericolosa eccezione, tanto più che purtroppo nelle ultime generazioni si rileva una non indifferente carenza di preparazione in più di uno dei concorrenti dichiarati idonei, fors’anche dovuta al fatto che alla facoltà di giurisprudenza oggi possono accedere tutti i diplomati degli istituti superiori di qualsiasi indirizzo, che ovviamente non possono avere quella cultura umanistica, indispensabile al riguardo, che deriva da un liceo, in particolare se classico;
– che in ogni biennio si determina mediamente oggi un avvicendamento di poco più o poco meno di 150/200 posti, conseguenti a decessi o a pensionamenti dei Notai in esercizio;
– che con l’attuazione di tale proposta, la Cassa del Notariato sarebbe destinata inesorabilmente dell’arco di due o tre decenni al fallimento, avendo dato fondo a tutte le sue riserve saggiamente accumulate in un secolo di vita a causa degli assegni di integrazione che dovrà erogare a qualche migliaio di iscritti che non riescono a mettere insieme quel minimo di onorari oggi previsto ed alla insostenibilità del bilancio attuariale conseguente al futuro numero dei notai che avranno diritto a pensione, non compensato da alcun aumento dei contributi previdenziale versati dai Notai in esercizio, in quanto l’aumento dei posti notarili non comporta alcun aumento di richiesta del servizio, che i Notai oggi in esercizio riescono comunque a garantire in modo più che soddisfacente;
– che in certe zone d’Italia, con tutto il rispetto dell’Aspromonte, della Barbagia e dei territori in particolare della catena appenninica, un Notaio ogni 5.000 abitanti significa un “mendicante” in più per ogni nuova sede istituita – e si sa anche che ….. “la necessità fa l’uomo ladro”.
Ne discende che il numero delle sedi deve essere rigorosamente determinato solo in funzione dell’economia della zona di competenza, e quindi anche del numero delle società iscritte nei registri delle imprese della C.C.I.A. provinciali, mentre assumere a parametro unicamente il numero degli abitanti è un’inaccettabile autentica idiozia.
Detto ciò senza mezzi termini, si tenga poi presente che, per poter immettere in esercizio 6.000 nuovi notai a copertura delle nuove sedi previste, occorrerebbe bandire un concorso al quale partecipino, mantenendo il doveroso attuale rigore, non meno di 50.000 iscritti, ovvero dichiarare per un paio di concorsi idonei tutti i partecipanti, che – come detto – normalmente oscillano tra i 2.000 ed i 3.000 per ogni sessione, col risultato che nella maggioranza dei notai così nominati la presenza dei testimoni all’atto si renderà necessaria non perchè una parte è incapace di leggere o di scrivere, ma perchè in tale impossibilità si troverà senza scampo proprio il notaio rogante!.
E ancora, stante la situazione in atto, il Consiglio Nazionale del Notariato deve senza indugi adoperarsi ad elaborare i dati rilevabili dai grafici predisposti con riferimento al 2015, anche per i successivi anni 2016 e 2017 e di conseguenza un progetto di approfondita revisione della attuale tabella delle sedi, impostata su alcuni principi guida fondamentali, prescindendo dal numero degli abitanti in ciascun Distretto e basandosi sulla media degli onorari percepiti da ogni singolo Notaio nelle rispettive sedi, facendo in modo che tale media risulti in ogni caso di un importo accettabile, tenendo però conto che nei grandi centri possono e devono esistere anche alcuni Notai con introiti entro ragionevoli limiti superiori a tale media, per poter sostenere sia le maggiori spese di studio, anche dovute per remunerare adeguatamente l’indispensabile personale qualificato a svolgere un lavoro particolarmente impegnativo e difficile, nonchè le responsabilità che ne derivano.
A questo punto con dati attendibili, assolutamente obiettivi e motivati, si potrà non solo richiedere, ma pretendere, che il Ministero proceda ad una oculata e ad un tempo incisiva revisione della tabella delle sedi, aumentandole adeguatamente nei pochi Distretti più “ricchi”; sopprimendole in quelli meno fortunati e conseguentemente addivenendo alla riunione dei Distretti tra loro limitrofi, che risultino di conseguenza – supponiamo – con meno di TRENTA posti in tabella, onde garantire ad un tempo un’adeguata redditività ad ogni sede ed una indispensabile funzionalità dei Consigli notarili.
Nel contempo si dovrà provvedere ad una radicale revisione dell’attuale sistema di determinazione dei contributi dovuti alla Cassa, alla quale devono essere assicurati i mezzi finanziari occorrenti per il puntuale adempimento dei suoi compiti istituzionali e ad un tempo assicurando agli Archivi notarili gli introiti occorrenti per garantire il loro indispensabile puntuale funzionamento, prevedendo l’iscrizione obbligatoria a repertorio e la conservazione oggi non prevista degli originali di tutte le scritture private autenticate e soggette a registrazione, dei verbali attinenti alle vendite giudiziarie ai Notai delegate e dei decreti di aggiudicazione che, benchè esecutivi solo con la controfirma del giudice delegato, sono pur sempre espressione dell’attività del notaio delegato.
Si tratta indiscutibilmente di un compito decisamente impegnativo, ma pur sempre possibile, e nel contempo si potrà anche pretendere, in relazione alla funzione pubblica esplicata dai Notai, che sia nuovamente imposta un’adeguata tariffa professionale vincolante, che ponga fine al caos oggi conseguentemente determinatosi in questo campo, adottando i provvedimenti normativi indispensabili per porre fine a certe forme spregiudicate ed indecorose di concorrenza e di pubblicità, che purtroppo non pochi colleghi non hanno esitato a porre in atto per procurarsi una clientela totalmente sprovveduta, che viene attratta da tali indecorosi comportamenti.
A fronte di tali prospettive è evidente che il nuovo Governo dovrà farsi carico del problema, non solo con riferimento alle disposizioni in questa direzione già previste dalla “Legge di stabilità 2018”, ma sconfessando incondizionatamente le aberranti conclusioni alle quali si è oggi giunti, affidando la gestione e l’organizzazione territoriale del servizio notarile, senza interferenze di terzi incompetenti, in esclusiva al Ministero della Giustizia ed al Consiglio Nazionale del Notariato, quali soli possibili e documentati conoscitori della struttura e del funzionamento di una istituzione che tutto il mondo – non solo l’Europa – ci invidia e che è in grado di assicurare al traffico giuridico l’inderogabile sicurezza e certezza necessarie.
Ed ora vediamo se i nuovi reggitori della nostra pur sempre bella Italia comprenderanno le necessità ed oseranno rimediare a quanto sconsideratamente fatto da alcuni loro predecessori, adottando gli indispensabili provvedimenti per conseguire i risultati che qui auspichiamo a salvaguardia di un’istituzione che sinora ha dato un’inconfutabile prova delle proprie capacità e delle proprie responsabilità esercitate nell’esclusivo interesse della collettività.
Ciò pertanto significa che l’attuale Consiglio nazionale dovrà avere finalmente il coraggio di farsi carico senza ulteriori indugi in ogni sede delle iniziative al riguardo occorrenti, facendo sentire senza timori chiara e forte la propria voce, scuotendosi da quel torpore nel quale sembra essersi lasciato da un po’ di anni invischiare.
Giovanni Fulcheris